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04/26/2023
Crociera | Scienza & storia

Il Passaggio a Nord-Ovest

Mentre alcune scoperte ed imprese marittime sono frutto del caso, fortuna o buon senso, altre sono il risultato di un viaggio lungo, arduo e difficile. La rotta per il Passaggio a Nord-Ovest ne è un esempio.

 

In una storia ricca di navigatori che danno il proprio nome a mari, isole, stretti o monumenti, ripercorriamo in sintesi le tappe che hanno permesso questa epica traversata. Quando oggi guardiamo una carta geografica del Canada, essa è perfettamente tracciata grazie alle immagini satellitari. Se cerchiamo un passaggio per andare dall’Atlantico al Pacifico attraverso queste innumerevoli isole, insenature e baie, abbiamo l'impressione di trovarci di fronte a un labirinto di una rivista estiva dove si deve trovare il giusto percorso che unisce A con B. Ma, grazie all’ausilio di strumenti tecnologici e precisissimi possiamo tracciare una rotta e seguirla facilmente per effettuare questa traversata senza perdersi e senza sorprese.

Immaginiamo ora di doverci orientare al livello del mare con gli strumenti dell’epoca (pochi), senza dunque gli ausili digitali e satellitari di oggi, senza conoscere minimamente la zona in cui si naviga, insomma, una vera navigazione a vista o piuttosto, al “buio”. Come se non bastasse, il tutto concentrato in finestre di navigazione di soli 2 o 3 mesi l’anno durante il disgelo dei ghiacci.

Ecco in poche parole spiegata la ragione per cui nessun singolo uomo ha potuto dare il proprio nome al passaggio a Nord-Ovest. Questo passaggio, talmente complesso e tortuoso, è il risultato di un lavoro collettivo di quasi quattro secoli da parte di più navigatori, fatto di scoperte empiriche più o meno coordinate e dove, chi ha messo l'ultimo tassello del puzzle, ha avuto l'eleganza di non attribuirsi la totalità del successo. Ovviamente passeremo in rassegna solo gli eventi più importanti di questa epopea, perché il numero di tentativi è troppo grande ed impossibile da riportare integralmente

Nel 1497 il navigatore inglese, John Cabot, scoprì Terranova ed il primo tassello del puzzle venne posto. Nel 1524 l’italiano Giovanni da Verrazzano (a cui verrà dedicato un famoso ponte di New York), scoprì un fiume che sarebbe poi diventato il fiume Hudson;

10 anni dopo, Jacques Cartier scoprì la foce del San Lorenzo. Tra il 1550 e il 1630 fu alla volta degli inglesi tribolare e remare, scoprendo nuove terre ma nessun passaggio. Henri Hudson capì che il passaggio trovato da Verrazzano conduceva a una baia chiusa, che ribattezzò "Baia di Hudson".

 

Come nei labirinti per bambini, se non si riesce ad arrivare a un'estremità, si può provare a partire dall'altra. Questo venne fatto nel 1738 da Vitus Bering, un danese che lavorava per la Russia e che diede il suo nome al famoso stretto (Stretto di Bering o Stretto di Behring).

Fu un grande risultato, perché oltre a scoprire che l'America e la Russia erano due continenti separati, tracciò gran parte delle carte geografiche dell'Alaska. Anche il grande Thomas Cook, basandosi sugli scritti di Bering, nel 1777 provò a spingersi a nord dell'Alaska e tentò più volte di attraversare lo stretto senza riuscirci, imitato qualche anno dopo dal suo ex secondo in comando George Vancouver (sì, proprio come la città) che non ebbe miglior successo.

Nel XIX secolo varie spedizioni portarono poi alle scoperte seguenti: nel 1825 di Point Barrow da parte di Frederick William Bachy (che diede il nome a un'isola), nel nord dell'Alaska, che porta verso nuove prospettive, nel 1846, da parte sua, John Franklin si spinse oltre i limiti conosciuti, mappando le varie terre dell'Artico canadese; purtroppo egli non poteva sapere quanto fosse vicino alla fine del passaggio, i ghiacci invernali ebbero la meglio sulla sua spedizione che dovette interrompersi. Solo nel XX secolo, precisamente nel 1906, il passaggio fu ultimato.

Per l’aneddoto, riportiamo una storia curiosa: Roald Amundsen, norvegese, acquistò Gjoa, un peschereccio di 21 metri armato sloop. La preparò, imbarcò 6 uomini e lasciò la Norvegia mentre i creditori cercavano di fermarlo. Gjoa fu la prima nave a passare dall'Atlantico al Pacifico attraverso l'emisfero settentrionale e pose fine a quattro secoli di galere.

Una questione politica contemporanea

Questo passaggio aprì interessanti prospettive per il trasporto marittimo, accorciando notevolmente alcune rotte marittime.

Ad esempio, la rotta Rotterdam-Tokyo, che rappresenta 23.300 km attraverso il Canale di Suez e 21.100 km attraverso il Canale di Panama, è lunga solo 14.100 km attraverso il Passaggio a Nord-Ovest.

Ma oggi il riscaldamento globale solleva nuovi interrogativi.

Data la topografia del terreno, ci sono diversi percorsi possibili per andare da est a ovest aggirando le varie terre e ghiacci terrestri. Finora, però, si utilizzava unicamente la rotta più meridionale perché più veloce e più a lungo priva di ghiacci.

Il ritiro della banchisa ha quindi offerto nuove rotte e il Canada, che aveva il controllo della rotta storica, ha visto contestata la sua sovranità su queste nuove rotte.

Sebbene il Canada le rivendichi come acque interne, i regolamenti internazionali lasciano spazio all'interpretazione per qualificarle come acque internazionali.

L’inevitabile ritiro dei ghiacci sta gradualmente aprendo una seconda rotta artica a nord della Russia, fornendo una reale alternativa al Passaggio a Nord-Ovest.

Questa rotta è stata una delle ultime grandi scoperte marittime dell'umanità.

Conclusioni

È interessante osservare che come ci siano voluti circa quattro secoli perché questa rotta leggendaria venisse aperta nel 1906 mentre solamente 55 anni dopo Gagarin ha effettuato il primo volo orbitale con equipaggio ed Armstrong ha messo piede sulla Luna nello stesso decennio.

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